giovedì 31 gennaio 2013

MA OGGI SARO' CONTENTO


POESIA DI UN RAGAZZO TROVATA IN UN GHETTO NEL 1941
Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi sarò contento
A che serve essere tristi, a che serve.
Perché soffia un vento cattivo.
Perché dovrei dolermi, oggi del domani.
Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.
Forse domani splenderà ancora il sole.
E non vi sarà ragione di tristezza.
Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi, oggi sarò contento
E ad ogni amaro giorno dirò
Da domani, sarò triste
Oggi no.

UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE


UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’ eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Lussu

mercoledì 30 gennaio 2013

ADDIO CAROLINA


Alessia è rimasta colpita da una notizia di cronaca, e credo dovremmo rifletterci tutti:

CAROLINA DI NOVARA.

Carolina Picchio, una ragazzina quattordicenne, si è suicidata per i ripetuti e violenti insulti ricevuti dai compagni di scuola.
Questa ragazza si è buttata dalla finestra della casa al terzo piano di una palazzina.
Carolina era una ragazza semplice e le piaceva mettersi al centro dell'attenzione; dal momento che si era lasciata col fidanzato, i suoi coetanei hanno cominciato a diffondere brutte voci su di lei, probabilmente per invidia e gelosia.
Lei si diceva forte e cercava di non ascoltare queste persone, gli amici le sono sempre stati vicino, ma evidentemente questo non è bastato. Quella notte, prima di lanciarsi nel vuoto ha scritto un biglietto indirizzato ai familiari: "Scusate se non sono forte, mi dispiace, vi voglio bene".
A me questo ha molto colpito, perché prendere in giro o addirittura picchiare un compagno è da persone incivili. Il bullismo potrebbe essere provocato da quei ragazzi che vogliono sentirsi grandi e farsi vedere grandi agli occhi dei loro coetanei. Spero che col passare del tempo questo fenomeno venga affrontato e che i giovani crescano con dei valori in più.

Ndp (Nota della prof.): Mi permetto di aggiungere che un suo compagno ha scritto una lettera in cui si dichiara in colpa per non averla mai difesa. L'indifferenza è terribile quanto la violenza.

lunedì 28 gennaio 2013

PRIMA VENNERO


PRIMA VENNERO

"Prima vennero per gli ebrei
e io non dissi nulla perché
non ero ebreo.
Poi vennero per i comunisti
e io non dissi nulla perché
non ero comunista.
Poi vennero per i sindacalisti
e io non dissi nulla perché
non ero sindacalista.
Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno
che potesse dire qualcosa."

Martin Niemoeller
Pastore evangelico deportato a Dachau

domenica 27 gennaio 2013

LA CANZONE DEL BAMBINO NEL VENTO

Un omaggio del cantautore Francesco Guccini a tutti i bambini morti nei campi di sterminio nazisti

I BAMBINI RACCONTANO TEREZIN

Oggi, 27 gennaio, è la Giornata della Memoria: infatti il 27 gennaio del 1945 furono aperti i cancelli di Auschwitz e tutto il mondo seppe quello che era accaduto fino a quel momento.
Non ci fu però solo Auschwitz: vicino a Praga, infatti, la fortezza di Terezìn divenne un ghetto quasi esclusivamente riservato ai bambini: più di 15.000 vennero tolti ai loro genitori e imprigionati, in attesa di venire deportati ad Auschwitz dove furono avvelenati o inceneriti.
Questi bambini hanno lasciato disegni e poesie, ora esposti in un museo di Praga.
I bambini di una scuola elementare in questo video ci presentano la storia, i disegni e le poesie di Terezin.

sabato 26 gennaio 2013

MOSCHE POLIZIOTTE


E da Rebecca una scoperta un po' macabra ma utile:

"Da una puntata di CSI su Italia Uno.

In questa puntata la scientifica ha un caso in corso: un corpo che non trovano da molti anni ( o almeno da quando si è data denuncia della scomparsa ). Ritornano dove era stata segnalata la scomparsa, cioè in una spiaggia privata. Ad un certo punto trovano delle mosche che gironzolavano sopra alla sabbia e vanno a controllare... Trovano un teschio umano, intorno al quale c'erano delle mosche, che all'inizio sembravano compromettere le ricerche, poi invece gli investigatori si sono resi conto che le mosche, vive, morte, o anche le larve, rivelano da quanto tempo il corpo si è decomposto ...
Questa puntata mi è piaciuta molto, perché, comunque era una cosa che non sapevo !
 

ILLUSIONISMO


Anche Matteo affascinato dalla magia...

"Negli ultimi giorni sto guardando un programma che si chiama DYNAMO MAGIE IMPOSSIBILI.
Dynamo è un giovane uomo che fa dell'illusionismo il suo punto forte; propone le sue "magie" alla popolazione di alcune città e stati nei diversi continenti. Il canale televisivo che lo trasmette è DMAX.
In una puntata Dynamo è riuscito a trasformare della neve in cristalli di vetro tenendo semplicemente la neve per pochi secondi nella sua mano. E' riuscito anche a girare un i-phone dividendolo in 2 parti.
Sorprendentemente  ha anche infilato un telefono in una bottiglia di vetro e come se non bastasse è riuscito ad entrare in una vetrina dando la sensazione di attraversare il marciapiede. Nelle sue illusioni Dynamo coinvolge sempre i passanti e/o amici che ogni volta rimangono senza parole. Se posso darvi un consiglio: Guardatelo !!!!!!!!!!!!

giovedì 24 gennaio 2013

INFERNO - CANTO III°

LA GRANDE MAGIA


Da Corrado…

LA GRANDE MAGIA – THE ILLUSIONIST
Il programma televisivo di cui volevo parlare è “La Grande Magia – The Illusionist”.
È un programma al quale partecipano maghi e illusionisti provenienti da tutto il mondo. Il vincitore è premiato con un contratto a Las Vegas in un famoso locale. Per passare in semi-finale, i concorrenti devono ricevere almeno 3 si da una giura composta da 5 maghi famosissimi: Ed Alonzo, Uri Geller, Topas, Frank Harary e Max Maven. In semi- finale i concorrenti si sfideranno 1 contro 1 senza sapere contro chi saranno e in finale sarà la stessa procedura.
Nella puntata che ho visto, mi sono piaciuti molto 4 illusionisti: un ragazzo coreano di 24 anni che faceva comparire CD da tutte le parti e mi è piaciuto proprio per questa sua capacità di far  comparire i CD.
Dopo di lui una ragazza di 21 anni proveniente dagli Stati Uniti metteva in bocca lamette e infine prendeva un filo e tutte le lamette uscirono dalla bocca tutte unite da un filo.
Gli altri prestigiatori che mi sono piaciuti sono stati Lord Nobody (il suo nome d’arte), 28 anni e italiano, ha fatto scomparire una ragazza e l’ha fatta ricomparire nello stesso luogo e l’ultimo illusionista è stato Emanuele D’Angeli, italiano, 17 anni.
Lui, pur essendo molto giovane sembrava un professionista. Faceva scomparire colombe e faceva ricomparire conigli.
Tutti loro presero 5 si dalla giuria.
Dopo questa esibizione non posso più raccontarne altre perché mi sono addormentato. Il programma mi piace molto perché non ho mai visto delle magie simili. Adesso non vedo l’ora di vedere la semi-finale e la finale.

mercoledì 23 gennaio 2013

IL MOLESTATORE...SI PUO' ALLONTANARE



Raffaele ha imparato dalle "Iene" che i molestatori si possono anche smascherare

"Questa settimana, un giorno come tanti altri, avevo la televisione accesa su canale 5, che trasmetteva un servizio tratto da un programma che si chiama “ Le Iene”. In questo servizio , presentato da Giulio Golia, ci mostra la vicenda di una ragazza di 16 anni, che inizia a ricevere numerosi sms sul suo telefonino da parte di uno sconosciuto, il quale dopo essersi presentato e aver detto di avere 35 anni, continuava a importunarla, nonostante lei gli avesse detto la propria età e a rifiutare i suoi inviti.
A quel punto, la ragazza fa leggere tutti i messaggi ai genitori, i quali , dopo essersi rivolti alla polizia, senza ottenere nessun risultato, si sono rivolti alle Iene.
Con l’aiuto di Giulio Golia, hanno teso una trappola al molestatore, il quale confessa successivamente, di aver commesso altre volte lo stesso reato su ragazze minorenni.
Trovo che questo programma ( Le Iene) , sia molto istruttivo, in quanto ci mostra episodi di vita quotidiana, di cui i telegiornali nemmeno parlano e il coraggio di questa ragazza ci fa capire che non dobbiamo aver paura di parlare con i nostri genitori, che sono sempre pronti ad aiutarci.
Inoltre penso che il mancato intervento da parte della polizia per questa vicenda sia deprimente, infatti loro intervengono solo in caso di minacce di morte, quando invece lasciamo indifferente delle molestie da parte di un adulto nei confronti di una minorenne, che fortunatamente, dicendo tutto alla  famiglia, ha potuto evitare il peggio. "

                                                           

martedì 22 gennaio 2013

IL MOSTRO DEL FIUME


PATRICK questo mese è stato incuriosito dal pesce-lupo, un pesce ancor più pericoloso del pirana


 IL MOSTRO DEL FIUME

In questa puntata Jeremy Wade, biologo ed esperto pescatore d’acqua dolce, si  trova nel Suriname, il più piccolo paese del Sudamerica, alla ricerca di un pesce più terribile del famigerato piraña.
L’Anjumara, più conosciuta come pesce lupo, è dieci volte più grande del piraña e la sua carne è molto buona.
J. Wade incontra i pescatori del posto per capire come e dove poterlo catturare.
Un pescatore gli racconta che una donna era andata in riva al fiume con il suo cane per lavare i panni. Il pesce lupo è balzato fuori dall’acqua, ha afferrato il cane, lo ha addentato e portato con sé sott’acqua.
Un altro pescatore ha avuto un brutto incontro con questo pesce; gli ha mutilato una mano e gli sono stati messi più di cento punti di sutura.
Oltre a raccontare le terribili esperienze avute con questo pesce, i pescatori danno informazioni utili sul luogo e l’attrezzatura da usare per la sua cattura.
Per poterlo catturare, bisognava addentrarsi nel Suriname in una parte del territorio ricoperto dalla giungla e soprattutto di notte, perché come i veri lupi attacca di notte, ma durante la notte questo luogo ha un aspetto ancor più sinistro.
Il punto indicato dai pescatori è situato sull’innesto del fiume Corentyne con il Lago Brokopondo (lago artificiale). Le sue acque sono popolate dai piraña ed i caimani sono sempre in agguato.
Dopo tre settimane di pesca, quando ormai aveva perso le speranze, uno strappo forte sulla sua canna da pesca, il pesce lupo aveva abboccato.
Era proprio lui, il pesce d’acqua dolce più temibile.
Questo pesce non ha rivali ed è molto feroce anche fuori dall’acqua.

martedì 15 gennaio 2013

LA METAMORFOSI DI KAFKA


LA METAMORFOSI
I
Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena dura come una corazza, bastava che alzasse un po' la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati; in cima al ventre la coperta, sul punto di scivolare per terra, si reggeva a malapena. Davanti agli occhi gli si agitavano le gambe, molto più numerose di prima, ma di una sottigliezza desolante.
«Che cosa mi è capitato?» pensò. Non stava sognando. La sua camera, una normale camera d'abitazione, anche se un po' piccola, gli appariva in luce quieta, fra le quattro ben note pareti. Sopra al tavolo, sul quale era sparpagliato un campionario di telerie svolto da un pacco (Samsa faceva il commesso viaggiatore), stava appesa un'illustrazione che aveva ritagliata qualche giorno prima da un giornale, montandola poi in una graziosa cornice dorata. Rappresentava una signora con un cappello e un boa di pelliccia, che, seduta ben ritta, sollevava verso gli astanti un grosso manicotto, nascondendovi dentro l'intero avambraccio.
Gregor girò gli occhi verso la finestra, e al vedere il brutto tempo - si udivano le gocce di pioggia battere sulla lamiera del davanzale - si sentì invadere dalla malinconia. «E se cercassi di dimenticare queste stravaganze facendo un'altra dormitina?» pensò, ma non potè mandare ad effetto il suo proposito: era abituato a dormire sul fianco destro, e nello stato attuale gli era impossibile assumere tale posizione. Per quanta forza mettesse nel girarsi sul fianco, ogni volta ripiombava indietro supino. Tentò almeno cento volte, chiudendo gli occhi per non vedere quelle gambette divincolantisi, e a un certo punto smise perché un dolore leggero, sordo, mai provato prima cominciò a pungergli il fianco.
«Buon Dio,» pensò, «che mestiere faticoso ho scelto! Dover prendere il treno tutti i santi giorni... Ho molte più preoccupazioni che se lavorassi in proprio a casa, e per di più ho da sobbarcarmi a questa tortura dei viaggi, all'affanno delle coincidenze, a pasti irregolari e cattivi, a contatti umani sempre diversi, mai stabili, mai cordiali. All'inferno tutto quanto!» Sentì un lieve pizzicorino sul ventre; lentamente, appoggiandosi sul dorso, si spinse più in su verso il capezzale, per poter sollevare meglio la testa, e scoprì il punto dove prudeva: era coperto di tanti puntolini bianchi, di cui non riusciva a capire la natura; con una delle gambe provò a toccarlo, ma la ritirò subito, perché brividi di freddo lo percorsero tutto.
Si lasciò ricadere supino. «Queste levatacce abbrutiscono,» pensò. «Un uomo ha da poter dormire quanto gli occorre. Dire che certi commessi viaggiatori fanno una vita da favorite dell'harem! Quante volte, la mattina, rientrando alla locanda per copiare le commissioni raccolte, li trovo che stanno ancora facendo colazione. Mi comportassi io così col mio principale! Sarei sbattuto fuori all'istante. E chissà, potrebbe anche essere la miglior soluzione. Non mi facessi scrupolo per i miei genitori, già da un pezzo mi sarei licenziato, sarei andato dal principale e gli avrei detto chiaro e tondo l'animo mio, roba da farlo cascar giù dallo scrittoio! Curioso poi quel modo di starsene seduto lassù e di parlare col dipendente dall'alto in basso; per giunta, dato che è duro d'orecchio, bisogna andargli vicinissimo. Be', non è ancora persa ogni speranza; una volta che abbia messo insieme abbastanza soldi da pagare il debito dei miei, mi ci vorranno altri cinque o sei anni, non aspetto neanche un giorno e do il gran taglio. Adesso però bisogna che mi alzi: il treno parte alle cinque.»
E volse gli occhi alla sveglia che ticchettava sul cassettone. «Santo cielo!» pensò. Erano le sei e mezzo: le sfere continuavano a girare tranquille, erano anzi già oltre, si avvicinavano ai tre quarti. Che la soneria non avesse funzionato? Dal letto vedeva l'indice ancora fermo sull'ora giusta, le quattro: aveva suonato, non c'era dubbio. E come mai, con quel trillo così potente da far tremare i mobili, lui aveva continuato pacificamente a dormire? Via, pacificamente proprio no; ma forse proprio per questo più profondamente. Che fare, ora? Il prossimo treno partiva alle sette: per arrivare a prenderlo avrebbe dovuto correre a perdifiato, e il campionario era ancora da riavvolgere, e lui stesso non si sentiva troppo fresco e in gamba. Del resto, fosse anche riuscito a prenderlo, i fulmini del principale non glieli cavava più nessuno, perché al treno delle cinque era andato ad aspettarlo il fattorino della ditta; e sicuramente già da un pezzo aveva ormai riferito che lui era mancato alla partenza. Era una creatura del principale, un essere invertebrato, ottuso. Darsi malato? Sarebbe stato un ripiego sgradevole e sospetto: durante cinque anni d'impiego Gregor non si era mai ammalato una volta. Certamente sarebbe venuto il principale, insieme al medico della cassa mutua, avrebbe deplorato coi genitori la svogliatezza del figlio e, tagliando corto ad ogni giustificazione, avrebbe sottoposto il caso al dottore, per il quale non esisteva che gente perfettamente sana ma senza voglia di lavorare. E si poteva poi dire che in questo caso avesse tutti i torti? In realtà Gregor, a parte una sonnolenza veramente fuori luogo dopo tanto dormire, si sentiva benissimo, aveva anzi un appetito particolarmente gagliardo.
Mentre in gran fretta volgeva tra sè questi pensieri, senza sapersi decidere ad uscire dalie coltri (e la sveglia in quel momento battè le sei e tre quarti), sentì bussare lievemente alla porta dietro il letto.«Gregor,» chiamò una voce - quella di sua madre -, «manca un quarto alle sette, non dovevi partire?» Dolcissima voce! All'udire la propria in risposta, Gregor inorridì: era indubbiamente la sua voce di prima, ma vi si mescolava, come salendo dai precordi, un irreprimibile pigolio lamentoso; talché solo al primo momento le parole uscivano chiare, ma poi, nella risonanza, suonavano distorte, in modo da dare a chi ascoltava l'impressione di non aver udito bene. Avrebbe voluto rispondere esaurientemente e spiegare ogni cosa, ma, viste le circostanze, si limitò a dire: «Sì sì, grazie mamma, mi alzo subito.» Evidentemente la porta di legno non permise che di là ci si accorgesse della voce mutata, poiché la mamma non insistè oltre e si allontanò. Ma il breve dialogo aveva richiamato l'attenzione degli altri familiari sul fatto che Gregor, contro ogni previsione, era ancora in casa; e già ad una delle porte laterali bussava il padre, piano, ma a pugno chiuso. «Gregor, Gregor,» chiamò, «che succede?» E dopo un breve intervallo levò di nuovo, più profondo, il richiamo ammonitore: «Gregor! !Gregor!» Intanto all'uscio dirimpetto si udiva la sommessa implorazione della sorella: «Gregor! Non stai bene? Ti serve qualcosa?» «Ecco, son pronto,» rispose lui in tutte e due le direzioni, e si sforzò di togliere alla voce ogni inflessione strana pronunziando molto chiaramente le singole parole e intercalandole con lunghe pause. Il padre infatti se ne tornò alla sua colazione, ma la sorella sussurrò: «Apri, Gregor, te ne scongiuro.» Ma Gregor si guardò bene dall'aprire, anzi lodò in cuor suo l'abitudine presa viaggiando di chiudere sempre, anche a casa, tutte le porte a chiave.
Per prima cosa voleva alzarsi tranquillo e indisturbato, vestirsi e soprattutto far colazione, e solo dopo pensare al resto: giacché, se ne rendeva ben conto, standosene a letto ad almanaccare non avrebbe mai risolto nulla di sensato. Si ricordava che già parecchie volte, a letto, gli era avvenuto di sentire qualche dolorino, provocato probabilmente da una posizione sbagliata, ed aspettava ansioso di veder dileguarsi una ad una quelle chimere. Che poi il cambiamento di voce non fosse altro che il prodromo di un potente raffreddore, malattia tipica della sua professione, gli pareva indiscutibile.
Non ebbe alcuna difficoltà a rimuovere la coperta: gli bastò gonfiarsi un poco, ed essa cadde a terra da sè. Ma lì cominciavano i guai, segnatamente a causa dell'inusitata larghezza del suo corpo. Per alzarsi, avrebbe dovuto far forza sulle braccia e sulle mani, mentre non possedeva più che quella fila di gambette, annaspanti senza tregua nei modi più svariati ed incontrollabili. Se cercava di piegarne una, era proprio quella la prima ad irrigidirsi, e quando finalmente riusciva a farle compiere il movimento voluto, tutte le altre si dimenavano come scatenate, in un'agitazione intensissima e dolorosa. «Uno non dovrebbe mai fermarsi a letto senza motivo,» riflettè Gregor.
Cercò di uscire dal letto dapprima con la metà inferiore del corpo: ma questa parte, che egli non era ancora riuscito a scorgere, nè a figurarsene l'aspetto, si dimostrò difficile a smuoversi; gli ci volle un tempo infinito; allora, quasi fuori di sè, raccolta ogni energia, si buttò in avanti alla cieca, ma sbagliò direzione, picchiò con violenza contro il fondo del letto, sentì un male atroce e capì che quella zona del suo corpo era forse, per il momento, proprio la più sensibile.
Tentò allora di iniziare la manovra dalla parte superiore e girò cautamente il capo verso la sponda del letto. Questo movimento gli fu agevole, e con l'intera massa del corpo, nonostante la lunghezza e il peso, riuscì infine a compiere la stessa manovra. Ma quando si trovò con la testa sospesa fuori del letto, provò paura: continuando così avrebbe finito col cascare di sotto, e a meno di un miracolo si sarebbe ferito alla testa. E guai se perdeva i sensi proprio adesso: meglio rimanere a letto, piuttosto.
Ma quando, dopo altrettanta fatica, giacque di nuovo sospirando nella posizione precedente, allo spettacolo delle sue gambette, che si azzuffavano più ostinate che mai, disperò di poter ridurre a ragione quell'intemperanza; era pazzesco - si disse - restare più a lungo coricato, tanto valeva giocare il tutto per il tutto, se ciò gli dava una pur minima speranza di staccarsi dal letto. Nel tempo stesso non trascurava di ripetersi che una calma, calmissima riflessione era più utile di ogni decisione precipitosa. In quegli attimi figgeva con la maggiore intensità possibile lo sguardo verso la finestra; ma purtroppo la vista del mattino nebbioso - non si riusciva nemmeno a scorgere il lato opposto della viuzza - era tutt'altro che adatta ad infondergli fiducia e buonumore. «Già le sette,» si disse, udendo nuovamente lo scocco della sveglia, «già le sette e ancora questa nebbia!» E per qualche minuto rimase lì fermo a respirare lievemente, quasi si aspettasse da quell'assoluta calma il rientro delle cose nella loro normalità.
Ma allora: «Prima che siano passate le sette e un quarto,» disse tra sè, «devo assolutamente essere in piedi. Del resto, nel frattempo saran già venuti a chiedere mie notizie dall'ufficio: aprono prima delle sette.» E si dispose a far uscire dal letto, con una sola spinta, l'intero corpo. Lasciandosi cader giù a quel modo, purché badasse a tenere il capo ben sollevato, poteva sperare di non farsi male. La schiena sembrava dura: battendo sul tappeto non avrebbe sofferto.

GIOVANNA LA PAZZA DAVVERO PAZZA?




Giovanna folle per amore o Giovanna donna emancipata ed intelligente schiacciata dal dovere di stato e da regole morali e sociali che non riusciva ad accettare?
La controversia divide gli storici  da sempre ed i suoi stessi biografi contemporanei dettero spesso versioni diverse e contrastanti dei suoi comportamenti.
Giovanna nasce nel 1479 a Toledo da Isabella di Castiglia e da Ferdinando di Aragona  regnanti di Spagna. sabella, figura forte che dominerà figli e marito per tutta la vita, usava partorire i suoi figli in città sempre diverse della Spagna, giungendo gravida agli ultimi mesi in groppa ad una mula.
Oggi la chiameremo strategia di comunicazione o valorizzazione di immagine.
Giovanna fu la terza di cinque figli: tutti destinati dalla nascita a ricoprire posti strategici negli stati dell’ Europa. L’infanzia di Giovanna fu l’infanzia solitaria ed infelice dei piccoli principi sacrificati nel loro bisogno d’amore, come tutti i bambini, al dovere della ragion di stato.
Era una bambina silenziosa e poco socievole, divenne un adolescente ribelle problematica con un grosso e spesso espresso conflitto con la figura della grande madre.
Fu indubbiamente nell’adolescenza che cominciarono a manifestarsi segnali di quel disturbo alimentare, oggi definito bulimia ed anoressia che la accompagnerà tutta la vita.
Ma nel 1496 Giovanna viene data in sposa a Filippo detto il bello, figlio di Massimiliano d’Asburgo, e questo evento sconvolgerà definitivamente la vita della principessa di Castiglia. Il matrimonio nato come alleanza strategica di due potenti regni diventa da subito rapporto di amore e di forte passione. Giovanna è innamoratissima del bel marito e lei vissuta nella bigotta corte spagnola è sconvolta dalla passione dei sensi.
Giovanna ha 19 anni, Filippo,  il bello, 23.
La corte fiamminga appare nuova e sconcertante alla giovane spagnola che non si farà mai accettare dalla nobiltà.
Ma lei ha occhi solo per il suo Filippo e lui le basta.
In 10 anni Giovanna partorisce 6 figli, tra i quali quel Carlo che diventerà Carlo V sul cui impero non tramontava mai il sole.
Ma se l’amore è eterno per alcuni, non lo è per altri. Ma se l’amore è eterno per alcuni, non lo è per altri.
E se eterno lo fu per Giovanna, non lo fu altrettanto per Filippo. Il giovane principe, che le cronache descrivono come degno del suo soprannome, cominciò presto ad avere giovani ed innominate amanti, a frequentare da solo o con amici, osterie, e a dedicarsi ad ogni piacere.
Non era possibile per  Giovanna, principessa di Castiglia  accettare il suo tradimento!
Le scenate si ripetevano eclatanti anche nelle occasioni ufficiali. Giovanna urlava, tirava oggetti, si buttava per terra, non mangiava per giorni.
Filippo rispondeva a volte con indifferenza, a volte, sempre quanto raccontano gli storici contemporanei, alzando le mani sull’infelice creatura.
La leggenda della follia d’amore di Giovanna cominciò a correre per l’Europa ed arrivò fino alla severa corte spagnola preoccupando Isabella e Ferdinando che vedevano in tutto ciò una destabilizzazione del loro disegno.
Isabella gravemente malata di tumore all’utero, aveva designato  Giovanna  erede della Castiglia. I reali invitarono la coppia, Giovanna e Filippo, in Spagna, al fine di conoscere possedimenti e di farsi riconoscere dal popolo.
Giovanna accettò a malincuore temendo un tranello per non farla tornare in Fiandra assieme all’amato.
Filippo ambizioso vide nel viaggio e nelle stranezze di Giovanna, l’ipotesi di divenire unico re di Spagna.
Nel corso della visita la situazione psicologica della principessa precipitò: le scenate di gelosia e i digiuni seguiti da abbuffate notturne si moltiplicarono.
Ormai era per tutti “la loca”, Giovanna visse un periodo di profonda tristezza e di estrema solitudine. Morta Isabella, Ferdinando reggente a nome di Giovanna della Castiglia, le impedì di seguire Filippo nel viaggio di ritorno nelle Fiandre e la rinchiuse nel castello della Mata di Medina.
E' il colpo di grazia. Nel 1506 Filippo muore probabilmente di complicanze virali. Giovanna si rifiuta di far seppellire il marito che viene imbalsamato e conservato vicino a lei.
La ormai regina di Castiglia parla per ore con il cadavere, lo accarezza, lo bacia: nessuna donna glielo potrà più strappare. Finalmente Filippo è suo, solo suo.
Quando è costretta ad abbandonare Burgos, dove è prigioniera del padre, per un epidemia di peste, costringe il seguito a portarsi dietro il cadavere di Filippo.
Ferdinando stanco di tanta follia e consapevole del pericolo per l’unità spagnola di questa sovrana la rinchiude nella fortezza di Tordesillas.
Giovanna ci rimarrà 46 anni. A conferma della sua follia rifiuterà per 46 anni la confessione e i sacramenti.
Suo figlio Carlo V, che quasi non l’ha conosciuta, diventò imperatore.  Altri suoi figli e figlie salirono sui troni di Europa.
Sua nipote Maria, (figlia di Caterina, sua sorella) detta la sanguinaria, diventò regina d’Inghilterra.
Giovanna muore vestita di stracci, irriconoscibile, nel1515.
Sulla sua tomba si recherà solo il nipote Filippo II°.
Le sue ultime lettere denunciano il pensiero chiaro, consapevole e doloroso di una donna che era vissuta in un epoca troppo distante dalla sua sensibilità e dalle sue potenzialità intellettive.
Oggi Giovanna sarebbe stata definita una sindrome bipolare con alterazioni del comportamento alimentare: quello che viene definito il fuoco sacro, la patologia dei geni.

IL PUZZO DI PARIGI NEL 1700


Tratto da " IL PROFUMO" di Suskin

Il romanzo narra la vita di Jean-Baptiste Grenouille, nella Francia del XVIII secolo. Nato nel quartiere più povero e maleodorante di Parigi, Grenouille è dotato di un olfatto sovrumano, ma è completamente privo di un proprio odore, nonché incapace di provare qualunque sentimento umano. Abbandonato tra i rifiuti subito dopo la nascita dalla madre, che per questo viene condannata a morte, Grenouille viene trasferito in un orfanotrofio gestito dalla bambinaia Madame Gaillard, dove cresce completamente disinteressato alla compagnia umana, ma affascinato dalla moltitudine di odori che il suo potentissimo olfatto riesce a sentire.

....MA QUANTO PUZZAVA PARIGI NEL 1700 ????
"Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone, le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell'umido dei piumini e dell'odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo di solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati, dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c'era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l'apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d'estate sia d'inverno. Infatti nei diciottesimo secolo non era stato ancora posto alcun limite all'azione disgregante dei batteri i e così non v’era attività umana, sia costruttiva sia distruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo.
E all'interno di Parigi c'era poi un luogo dove il puzzo regnava più che mai infernale, tra Rue aux Fers e Rue de la Ferronnerie, e cioè il Cimetière des Jnnocents. Per ottocento anni si erano portati qui i morti dell'ospedale Hôtel-Dieu e delle parrocchie circostanti; per ottocento anni, giorno dopo giorno dozzine di cadaveri erano stati portati qui coi carri e rovesciati in lunghe fosse; per ottocento anni in cripte e ossari si erano accumulati, strato su strato, ossa e ossicini. E solo più tardi, alla vigilia del1a Rivoluzione Francese, quando alcune fosse di cadaveri smottarono pericolosamente e il puzzo del cimitero straripante indusse i vicini non più a semplici proteste, bensì a vere e proprie insurrezioni, il cimitero fu definitivamente chiuso e abbandonato, e milioni di ossa e di teschi furono gettati a palate nelle catacombe di Montmartre, e al suo posto sorse una piazza con un mercato alimentare.
Qui dunque. nel luogo più puzzolente di tutto il regno, il 17 luglio 1738 nacque lean-Baptiste Grenouille. Era uno dei giorni più caldi dell'anno. La calura pesava come piombo sul cimitero e spingeva i miasmi della putrefazione, un misto di meloni marci e di corno bruciato, nei vicoli circostanti. La madre di Grenouille, quando le presero le doglie, si trovava all'esterno di un bugigattolo di pescivendolo in Rue aux Fers e stava squamando dei pesci bianchi che aveva appena sventrato. I pesci, pescati presumibilmente nella Senna la mattina stessa, puzzavano già tanto che il loro odore copriva l'odore dei cadaveri. Ma la madre di Grenouille non percepiva né l’odore dei pesci né quello dei cadaveri, perché il suo naso era in larghissima misura insensibile agli odori e a parte questo il suo corpo era dolorante, e li dolore soffocava ogni capacità di ricevere impressioni dall’esterno. Voleva una cosa sola, che il dolore finisse, voleva liquidare il più presto possibile quel parto disgustoso.

lunedì 14 gennaio 2013

MESSAGGIO DI BENVENUTO


Ciao ragazzi, il blog della seconda A è stato creato!
Nasce con l'idea di farvi ritrovare documenti, video e curiosità di cui parliamo in classe.
Aggiungete commenti, fate domande, datemi suggerimenti, insomma usatelo...
Io spero intanto di imparare in fretta a impostarne meglio la grafica per poterlo migliorare, e usarne tutte le potenzialità. C'è anche la possibilità di utilizzare l'indirizzo mail della sottoscritta: quando siete assenti potete chiedermi i compiti, per esempio...niente più scuse :))

INFERNO . Canto V

INFERNO - canto I°

Finale Spit: Ensi VS Nitro