lunedì 25 aprile 2016

BAUDELAIRE - CORRISPONDENZE

CORRISPONDENZE
DALLA RACCOLTA "I FIORI DEL MALE" (Les Fleurs Du Mal, 1857)



La Natura è un tempio dove incerte parole

mormorano pilastri che sono vivi,

una foresta di simboli che l'uomo

attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.

Come echi che a lungo e da lontano

tendono a un'unità profonda e buia

grande come le tenebre o la luce

i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.

Profumi freschi come la pelle d'un bambino

vellutati come l'oboe e verdi come i prati,

altri d'una corrotta, trionfante ricchezza

che tende a propagarsi senza fine- così

l'ambra e il muschio, l'incenso e il benzoino

a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.


Il poeta maledetto Baudelaire, amico di Rimbaud (di cui trovate sotto una delle poesie più note) scrive un sonetto di dodici sillabe che divenne presto il manifesto del simbolismo/decadentismo francese: il mondo appare come una foresta di simboli che solo i poeti sono in grado di leggere per cogliere appieno il significato della realtà.
Notare l'utilizzo continuo dell'enjambement che dà un ritmo lento, sospeso, per suggerire una sensazione  di mistero.

https://www.youtube.com/watch?v=NoDELIW7hGA

"VOCALI" tratto dalla poesia di A. Rimbaud

Le vocali (Voyelles) è stata scritta dal poeta maledetto Arthur Rimbaud nel 1872, sotto la probabile influenza delle Corrispondenze di Baudelaire, associando le cinque lettere ad altrettanti colori e scrivendo in una sorta di flusso di coscienza le immagini che scaturiscono naturalmente da tali accostamenti, dai colori e dalla forma delle lettere.
Rimbaud accosta i suoni (vocalici) ad alcuni colori facendo intervenire sensazioni di origine diversa (sinestesia). A sua volta, ogni colore richiama alcune situazioni o oggetti, indicando i rapporti profondi che legano tutte le cose.

https://www.youtube.com/watch?v=LNy6gW7yUvs

25 APRILE - ECCO PERCHE' E' FESTA DELLA LIBERAZIONE

(Fonte: Corriere della Sera on line)

Arrendersi o perire!». La parola d’ordine intimata dai partigiani riecheggiò un po’ ovunque nel Nord Italia lungo tutta la giornata (e poi anche nei giorni successivi) del 25 aprile 1945. Alle 8 di quel mattino, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani – proclamò così l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.

Le forza partigiane si erano organizzate un anno e mezzo prima, nell’ora cioè della disfatta, quando alcune migliaia di italiani decisero di resistere all’occupazione straniera (poche migliaia, va detto, che però furono molte per un Paese schiacciato da vent’anni di regime poliziesco). E ora, mentre gli Alleati risalivano la Penisola, i partigiani attaccavano i presìdi fascisti e tedeschi del Nord Italia imponendo la resa. Il 26 aprile a Milano entrava un’autocolonna partigiana proveniente dall’Oltrepò e il CLNAI prendeva il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano». Tra le prime decisioni, la condanna a morte di tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che verrà fucilato tre giorni dopo. Già il 28 aprile una grande manifestazione di celebrazione della liberazione si tenne in città. Gli americani entrarono a Milano il giorno dopo e il 1° maggio a Torino. A quel punto, tutta l’Italia settentrionale era stata liberata (a Bologna era toccato il 21 aprile, a Genova il 23 e a Venezia il 28).

La Liberazione metteva fine a vent’anni di dittatura e a cinque di guerra. Un evento epocale, una “rivoluzione”, quella che non c’era stata durante i governi liberali e poi sotto la lunga ombra del regime, e che finalmente avrebbe portato di lì a un anno, per la prima volta, l’intera popolazione adulta italiana (comprese le donne) alle urne per decidere, con il referendum del 2 giugno 1946, fra monarchia e repubblica. Il 25 aprile, simbolicamente, viene così a rappresentare il culmine della fase militare della Resistenza e, poi, della nascita della Repubblica Italiana e della stesura definitiva della Costituzione. (...)

Va ricordato che l’Italia non è l’unica a celebrare in un giorno speciale la fine dell’occupazione straniera: Olanda e Danimarca la festeggiano il 5 maggio, la Norvegia l’8, la Romania il 23 agosto. E al di là del Mediterraneo, l’Etiopia celebra la sua festa della Liberazione il 5 maggio. Liberazione non dai nazisti, ma dalla terribile occupazione italiana: ovvero, quando “gli altri”, gli invasori, eravamo noi.

lunedì 18 aprile 2016